IV Incontro “Lo studio: un partner per la vita”

Appuntamento del corso interno a cura del prof. Marcello Tempesta.


martedì 28 maggio 2013 - Alle 19:00


 
A cura del prof. Marcello Tempesta, ricercatore di Pedagogia generale e sociale, Università del Salento.
 
Tema dell’incontro :
 
“Alla scoperta del proprio sogno”
 
 
 

SEDE E CONTATTI

Ingresso libero

tel. 08.05.04.21.54 – info@poggiolevante.it


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RESOCONTO

“Applicazione dell’animo innamorato”. Così definisce Dante lo studio. Lo ha ricordato il prof. Marcello Tempesta, associato di Pedagogia sociale a Unisalento, al corso interno della Residenza del Levante del secondo semestre 2013.
Il titolo dei quattro incontri, nei martedì di maggio, è stato “Lo studio, un partner per la vita”.  Perché lo studio è una realtà che accompagna tutta l’esistenza dell’uomo. Non è finalizzato  solo al conseguimento di titoli necessari al lavoro. Né è un obiettivo al cui successso sono da dedicare unicamente le energie possedute dai giovanissimi studenti di scuola secondaria. E’ un approccio vitale: anche nel lavoro e nella gestione dei problemi quotidiani, nell’arco intero di una vita, l’animo innamorato troverà campi fruttuosi di applicazione.
 
In una Residenza universitaria il tema sembra sin troppo scontato: si risiede lì… per studiare. E’ un qualcosa di tanto quotidiano da giungere talvolta a saturare e a stancare. Non è facile dire qualcosa di nuovo in materia. C’è solo da… star seduti, gomiti sul tavolo. Che è, in fondo, quel che fa quotidianamente uno studente universitario. Una matricola studia almeno  da tredici  anni a questa parte.
Ma il corso interno ha posto due domande: perché studiare? Come studiare? Esserselo chiesti non è stato retorico, ma fecondo di riflessioni profonde. Anche per gli studenti della biennale.
Studiare, ha dimostrato Tempesta, è parte integrante del desiderio di conoscere che è nel più profondo del cuore umano. Vuol dire vivere il significato del presente cercandone la logica interiore. E’, se si vuole, un’appassionante avventura alla ricerca della verità. Realizza i desideri più intimi. Se il monteore dello studio è alto,  non può non incidere fortemente sulla ricerca, da parte di ogni uomo, della felicità.
Il docente ha parlato di esperienza studiosa, la quale, in tutte le stagioni della vita, fiorisce da una relazione educativa consapevole, di attenzione alla libertà, e si configura come momento qualificante di un costante processo di crescita personale.
 
Emerge, allora qualcosa di luminoso. Lo studio richiede uno sviluppo virtuoso per promuovere in se stessi un mix di intelligenza, passione e tenacia, uniche facoltà capaci di dar significato alle ore che passiamo sui libri. 
Potrebbero sembrare, queste, le massime di una saggezza antica, superate, oggi, dalla disponiblità radicale delle banche dati nella nostra società liquida, come si ama dire. Ma anche nella più recente modernità, ha raccontato Tempesta citando, ad esempio, le esperienze giovanili di un Camus, studiare è aprirsi, affacciarsi a un belvedere dove contemplare i significati della realtà. E dove,  acquisendo conoscenze, non ci si deve ingozzare di nozioni come fanno i contadini per ottenere dalle oche del buon foi gras (l’esempio è dello scrittore francese).
Quando, in montagna, si vuole raggiungere una vetta, maestosa, si superano i passaggi difficili: lo sforso e la sofferenza diventano funzionali e non costituiscono più un ostacolo. Se lo studio non ha una luce che attrae, la fatica e il sacrificio prendono il sopravvento. Ricercare ciò che, nello studio, ci è più congeniale è una curiositas benemerita, sulla quale, talvolta, ci si gioca il futuro.
 
Il contesto, invero, non aiuta: gli esami corrono uno dopo l’altro. C’è chi parla di esamificio. Sembra costantemente mancare il tempo di soffermarsi a riflettere e a sedimentare le acquisizioni, nel profondo dell’intelligenza, per trovarvi sintonie e corrispondenze.
E’ il momento del metodo, che non è una tecnica. E’, piuttosto, un invito a conoscere limiti e positività del proprio essere studioso, a comprendere e valutare i propri processi di apprendimento, misurandone i coefficienti potenziali di attenzione, di resistenza. Metodo vuol dire dare alla memoria il valore grande che che essa possiede nel sistema umano, alimentare l’appassionamento intellettuale che cattura le nozioni e le elabora, definitivamente, nel proprio organismo globale. Sì, perché il metodo ha anche a che fare con la dimensione antropologica. 
 
L’uomo è socievole per natura. Se studiare è un atto vitale, partecipa della socievolezza umana. I colleghi, soprattutto quelli più grandi, possono giocare un ruolo significativo nel monotoraggio del proprio studio. Il “tutoring” non è appannaggio british di studio oxfordiano. E’ un arricchimento reciproco a senso alternato. E poi i docenti. Se alcuni di essi sono distanti e esamificatori, con altri si può entrare in sintonia. Tutti, nel nostro curriculum scolastico abbiamo avuto un docente che ha lasciato una traccia forte nella nostra vita. Un consiglio di Tempesta ai residenti del Levante è di trovare un maestro. E, una volta trovato,  non abbandonarlo. Da quella sintonia possono nascere tesi di laurea, sembra poco,  e possono originarsi le scelte professionali di una vita. Che è molto.
L’Università nel medio evo, che non è lo scuro periodo della storia che alcuni mistificano, è stata una vera e propria comunità scientifica, ricordava il prof. Tempesta: il rettore era uno studente; gli studenti pagavano i professori; si affrontavano viaggi e briganti per andare a Bologna, a Parigi… 
 
Tutto è cambiato oggi. Va bene. Ma è il momento di gettare uno sguardo positivo al nostro sistema scolastico, dove tutto non è perduto. Gli anni universitari fanno vivere un’esperienza affatto straordinaria. Il senso della comunità accademica non deve venire meno: aiuta a crescere e ad essere consapevoli di quel che siamo e di ciò che possiamo fare a favore della collettività. Stare all’università, ma starci bene,  favorisce in modo spontaneo anche la crescita di quelle soft skills, di quelle competenze trasversali oggi richieste in un mondo del lavoro che è tornato a misurare il merito. In tempi di crisi monetarie, si è riscoperto il valore della persona, quanto quello del capitale se non di più. Le virtù aristoteliche, appartenenti alla cultura perenne, vanno certamente apprese in corsi e seminari, ma soprattutto vissute nel quotidiano gli uni accanto agli altri.
 
Dallo studio vissuto come realtà determinante, nascono altre positività di valore impagabile. Tenere sempre desto l’”animo innamorato” favorisce l’invito a conoscere se stessi che era sul frontone del tempio di Delfi. Studiare aiuta a guardarci dentro, a comprendere quel che desideriamo e che amiamo di più. Ancora l’amore. Desiderio viene da “de sideribus”, dalle stelle. Le stelle mostrano il cammino e la speranza.  Chi studia deve saper sognare. Non deve temere di puntare alto. L’avventura della vita dirà l’ultima parola, ma perseguire un sogno grande è proprio della dignità umana. Realizzare la propria vocazione è l’augurio più bello che nasce da una vita studiosa.

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